La Cassazione stabilisce che l’Imu resta dovuta su immobili inagibili o da demolire finché esistono fisicamente, chiarendo i criteri per la tassazione e le possibili riduzioni.
La recente sentenza n. 27017 depositata l’8 ottobre dalla Corte Suprema di Cassazione, massima autorità giudiziaria italiana, ha chiarito un aspetto cruciale della fiscalità immobiliare che riguarda milioni di proprietari sul territorio nazionale. In particolare, si è ribadito con fermezza che l’Imposta Municipale Unica (Imu) deve essere corrisposta anche nel caso in cui l’immobile sia inagibile, abusivo, privo di agibilità o addirittura destinato alla demolizione. Un pronunciamento che segna un punto fermo in un ambito spesso caratterizzato da interpretazioni discordanti.
L’obbligo di versamento dell’Imu: quando scatta?
Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte, l’obbligo di versare l’Imu permane finché l’immobile esiste fisicamente e risulta (o può risultare) iscritto al catasto edilizio urbano, indipendentemente dal suo stato di conservazione e dalla sua utilizzabilità effettiva. Tale principio si applica a prescindere dalla presenza del certificato di agibilità o dalla possibilità concreta di utilizzare l’edificio.
La sentenza pone dunque un netto confine tra la disciplina fiscale e quella urbanistica o edilizia: la tassazione non dipende dalla regolarità urbanistica o dalla fruibilità del bene ma dalla sua esistenza materiale come costruzione. Anzi, la Corte specifica che l’iscrizione catastale, pur rappresentando una condizione sufficiente per l’imposizione, non è neppure indispensabile, poiché l’Imu si applica anche agli immobili “accatastabili”, ovvero quelli che possono essere riconosciuti come fabbricati completati nella loro struttura essenziale.
La decisione della Cassazione giunge a seguito di un contenzioso nato in ambito fallimentare. Una società a responsabilità limitata in liquidazione aveva ricevuto dal Comune un avviso di accertamento relativo al pagamento della Tari per diversi immobili di sua proprietà. Il curatore fallimentare aveva contestato l’imposizione, sostenendo che quegli immobili, sottoposti a sequestro e soggetti a ordine di demolizione, non avevano valore commerciale né potevano essere utilizzati concretamente. Pertanto, secondo la difesa, la tassazione avrebbe dovuto riguardare solo il valore del suolo, equiparando la situazione a quella di un fabbricato in costruzione, che beneficia di un regime fiscale più favorevole.

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Tuttavia, sia la Commissione tributaria provinciale sia quella regionale avevano rigettato il ricorso, confermando l’obbligo di pagamento. La Corte di Cassazione ha definitivamente sancito questa posizione, chiarendo le condizioni per la tassazione.
Tra i passaggi più significativi della pronuncia, la Corte ha precisato che non è necessario il possesso del certificato di agibilità – il documento che attesta la conformità dell’edificio alle norme di sicurezza, igiene e risparmio energetico – né che l’immobile sia effettivamente utilizzabile. La normativa vigente, infatti, non collega il pagamento dell’Imu alla possibilità concreta di utilizzare il bene, ma solo alla sua presenza materiale.
La sentenza non esclude, tuttavia, la possibilità di applicare una riduzione del 50% dell’Imu per gli immobili dichiarati inagibili o inabitabili, a patto che tale condizione sia oggettivamente comprovata e documentata. Per esempio, si tratta di edifici danneggiati da eventi naturali o incendi che hanno compromesso la loro integrità strutturale. La Corte sottolinea che l’inagibilità rilevante è quella di natura fisica e materiale, non quella derivante da vincoli amministrativi o provvedimenti.